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Archives for novembre 2019

Soldi fermi sul conto corrente? Li stai perdendo

28 novembre 2019 By giovannoli

Il rendimento negativo, il pericolo bail-in, l’inflazione e le tasse faranno diminuire il vostro potere d’acquisto. Come muoversi per evitarlo?

La propensione degli italiani a tenere i soldi sotto il materasso o sul conto corrente li ha portati, solo nel 2017, a pagare sui propri risparmi una tassa occulta di oltre 10 miliardi di euro: l’inflazione, che si traduce in perdita del potere d’acquisto. Al termine di un anno eccezionale sui mercati finanziari, dove tutti i fondi hanno avuto performance positive, l’allocazione dei risparmi degli italiani non è stata il massimo dell’efficienza; un’opportunità persa. Gli italiani detengono 1.329 miliardi o in contanti o fermi sui conti correnti, entrambi strumenti a rendimento zero (addirittura con dei costi nel caso del conto corrente). Considerando che l’inflazione nel 2017 è stata dell’1,2% e che il rendimento medio dei depositi in Italia è stato dello 0,4%, si può dire che su questi 1.329 miliardi gli italiani abbiano perso almeno lo 0,8%, ovvero 10,6 miliardi di euro.

Potevano questi soldi essere investiti in maniera più redditizia? Certo. Secondo le stime di Ubs, 100 ipotetici euro del 1990 oggi  equivarrebbero a meno di 60 euro a causa della perdita di potere d’acquisto. Chi ama il materasso ed il conto corrente ne dovrebbe tenere conto: se Tizio dal 1990 ad oggi ha tenuto fermi sul conto corrente 100.000 euro, oggi avrebbe un controvalore reale di 60.000 euro, al contrario di Caio che investendo nel 1990 quei 100.000 euro in strumenti finanziari oggi avrebbe un potere di acquisto quasi raddoppiato.

Gli italiani non amano l’investimento in azioni, peccato che nel 2017 sia stato il più redditizio: le azioni italiane hanno guadagnato il 19,14% e quelle mondiali l’8,1%. Gli italiani investono appena il 7,5% della loro ricchezza totale in azioni o fondi azionari, cifra ben inferiore al 42% medio delle famiglie nel mondo occidentale. Siamo un popolo prudente, ma spesso lo siamo troppo, e nel 2017 abbiamo certamente perso il treno delle Borse.

L’italiano medio si lamenta ogni giorno dell’arretratezza politica e sociale del proprio paese rispetto alle moderne economie europee, ma è il primo a contribuire a tutto ciò. Il cambio di mentalità deve venire prima di tutto da noi, i numeri degli italiani in termini di cultura finanziaria e di gestione del risparmio sono imbarazzanti se paragonati alle economie con cui quotidianamente ci confrontiamo. Ognuno nel suo piccolo dovrebbe dar vita al cambiamento, dicendo basta al risparmio fai da te e rivolgendosi non ad una banca, ma ad un professionista
regolarmente iscritto all’Albo Nazionale dei Consulenti Finanziari.

Filed Under: Articoli

Educazione Finanziaria: cosa significa investire?

20 novembre 2019 By giovannoli

Facciamo chiarezza sul vero significato della parola “investimento” e sulle sue implicazioni.

Da ultimo studio OCSE, in tema di cultura finanziaria l’Italia si piazza al penultimo posto in Europa, meglio solo del Portogallo. Nel mondo occupiamo la 63° posizione, dietro a pesi come Botswana, Zimbawe, Kenya, e molti altri. Lo scopo di questo primo articolo a riguardo è partire dalle basi, cercando di spiegare nella maniera più semplice possibile cosa significa investire dei soldi, cercando di togliere quel velo di demonizzazione che oggi copre questo tema. Negli ultimi anni, dalla crisi economica del 2008 in poi, molte persone rifiutano qualsiasi tipo di investimento, impaurite dalle possibili conseguenze negative. Non c’è da biasimarle, la colpa non è certo loro e le ultime vicende bancarie non hanno certo aiutato a trasmettere tranquillità. 

Andiamo subito al dunque: investire i propri risparmi, nei paesi evoluti, è la normalità. Nessuno mai si sognerebbe di tenere i propri soldi fermi sul conto corrente a rendimento minimo o nullo. Noi invece vediamo l’investimento come qualcosa di diverso, magari riservato solo ai maghi della finanza, e ci spaventa. Chiariamo dunque cosa significa investire, e dopo averlo capito sono certo che nessuno avrà più paura di farlo. Premessa: in questa sede parlerò solo ed esclusivamente di investimento in Fondi comuni di investimento, che poi è l’attività principale del Consulente Finanziario; il gioco della roulette sul trading e sui derivati lo lasciamo a chi di dovere, con tutti i rischi connessi. 

Investire significa prendere dei soldi e metterli in un Fondo, che ha il compito di raccogliere tutti i soldi dei diversi investitori nel mondo ed usarli per comprare svariati strumenti: azioni, obbligazioni, oro, materie prime, acqua e altro; ovviamente, ogni fondo ha la propria area di specializzazione. I fondi sono gestiti da uno o più gestori, figure ad alto tasso di specializzazione. Immaginiamo di essere 10 amici, di cui uno (Tizio) esperto di finanza: invece di investire ciascuno per conto proprio, 9 di noi raccolgono i propri soldi e li danno a Tizio, con il compito di comprare o vendere gli strumenti di cui sopra, per ottenere un rendimento. Questo rendimento tornerà a noi, proporzionalmente a quanti soldi gli abbiamo dato. 

Possiamo quindi dedurre due cose: la prima è che investendo in un Fondo noi eliminiamo il rischio di fallimento della Banca cui facciamo riferimento. I nostri soldi ora fanno parte di una società (SICAV), proprietaria del Fondo, che ha il compito di investirli, per cui la nostra Banca non ha più nessun potere su questo denaro, in quanto è uscito dall’istituto, ma diventa un semplice intermediario. E’ come quando acquistiamo un auto (che sarebbe il Fondo) da un concessionario (la Banca), ad esempio una BMW (la SICAV). Se il concessionario fallisce, la macchina rimane in mano nostra senza diminuire di valore e in caso di guasti ne risponde direttamente la BMW; nel momento in cui acquistiamo la macchina, non abbiamo più nessun rapporto con il concessionario, che è stato solo un semplice intermediario. La seconda cosa che possiamo dedurre è che investendo in un fondo riduciamo al minimo le possibilità di perdita del capitale. Se io compro 1000 euro di azioni X e X fallisce, ho perso tutto. Ma se io metto 1000 euro nel Fondo Y, al cui interno ci sono azioni di X ed altri strumenti, in caso di fallimento di X il gestore rimpiazzerà X con altri strumenti e la perdita sarà minima, perché in media in un Fondo sono presenti dai 50 ai 150 strumenti, per cui se anche uno solo di questi dovesse fallire o comunque perdere molto valore, la perdita del Fondo sarà minima in quanto minima era la sua presenza, e soprattutto sarà compensata dai guadagni derivanti dagli altri strumenti. 

Questi sono i veri punti di forza di un Fondo: avere un gestore esperto che ogni giorno monitora la situazione al posto nostro e compra/vende in base alle opportunità o alle criticità, e diversificare l’investimento su decine e decine di strumenti in modo che i guadagni di ciascuno si vadano a sommare e possano portare un rendimento notevole, mentre le perdite di 1-2-5 strumenti non incidano più di tanto e possano essere immediatamente eliminati dal Fondo da parte del gestore, e rimpiazzati con strumenti migliori. 

Ricordiamoci che l’obiettivo del gestore del Fondo coincide con il nostro, ovvero ottenere un rendimento, perché lui è stipendiato in base al rendimento che ottiene. Potete vedere voi stessi su qualsiasi sito di analisi fondi (ad esempio Morningstar.it) che anche il Fondo più sfortunato e gestito meno bene, nel medio-lungo periodo (dai 5 anni in su) ha ottenuto un rendimento positivo. Infine, un Fondo per definizione non può fallire, per cui non ci sarà mai il rischio di perdere tutti i propri soldi, perché composto appunto da decine di strumenti il cui ricambio continuo è garantito dal gestore, il quale va alla continua ricerca di strumenti che possano dare un rendimento, eliminando immediatamente quelli che registrano delle perdite o che sono a rischio fallimento. 

 

Filed Under: Categoria esempio

Finanza Comportamentale: psicologia e finanza

12 novembre 2019 By giovannoli

Spesso le nostre scelte finanziarie sono influenzate dall’emotività: la Finanza Comportamentale studia gli errori più frequenti dettati dalla “pancia”.

La Finanza Comportamentale è quella parte di studi economici che analizza le decisioni di investimento dei risparmiatori. Su questo argomento sono stati anche assegnati dei premi Nobel per l’economia: nel 2002 allo psicologo israeliano Daniel Kahneman e nel 2013 all’economista statunitense Robert James Shiller. A cosa serve la finanza comportamentale? Serve a capire quali sono gli errori più comuni degli investitori, specialmente quelli dovuti all’irrazionalità e all’emotività, ed aiuta ad evitarli. Guardando al passato, vediamo come in alcuni momenti storici le decisioni negli investimenti siano state influenzate negativamente dalle emozioni. E’ ciò che è successo ad esempio nel caso della crisi post bolla internet del 2002/2003 e nel caso del fallimento di Lehman Brothers nel 2008, causato dalla bolla dei mutui subprime e del mercato immobiliare.

L’economia tradizionale ha sempre visto l’investitore come un essere razionale che ha come obiettivo la massimizzazione dei propri profitti. Questa visione è però molto ottimistica e descrive situazioni puramente teoriche, difficilmente riscontrabili nel caso pratico. In realtà infatti l’investitore è un soggetto emotivamente coinvolto nelle decisioni che prende, ed è spesso irrazionale. Alle scelte di carattere economico si affiancano spesso scelte “di pancia” che hanno la priorità, andando contro ogni logica economica: è quello che accade ad esempio quando ci piace una macchina e decidiamo ad ogni costo di comprarla, disinvestendo tutto indipendentemente da ciò che si ha in portafoglio e dall’andamento dello stesso.

In questo articolo vedremo quali sono i fattori che vanno ad interferire con il nostro essere razionale, e ci spingono contro ogni logica a prendere decisioni totalmente irrazionali dal punto di vista finanziario. 

L’aspettativa

L’aspettativa che un investitore ha su ciò che farà ricalca le prestazioni passate, soprattutto quelle recenti. Molti esperimenti dimostrano che le previsioni di rendimento degli investitori sono tanto maggiori quanto maggiori sono stati i rendimenti dell’ultimo periodo (per esempio un anno). Ciò contrasta con il fatto che, spesso, a un periodo di rialzo ne segue uno di ribasso e viceversa: contrariamente a quanto l’istinto ci suggerisce, i mercati sono tanto meno rischiosi quanto peggiore è stato il loro rendimento recente e che non ha senso comprare una copertura assicurativa o vendere i propri titoli in portafoglio dopo che il danno è avvenuto. 

Resistenze al cambiamento

Sembra che l’investitore tenda a staticizzare il mercato in cui è, forse per l’innato desiderio di rimanere nella propria zona di comfort. Quanti mantengono in portafoglio azioni acquistate nel 2000-2001 a prezzi stratosferici rispetto agli attuali, con la speranza che prima o poi tornino alle vecchie quotazioni? In realtà dobbiamo accettare che il contesto economico cambia rapidamente, e dobbiamo adattarci alla nuova situazione scordandoci di quello che ci ha dato sicurezza fino ad ora. 

 

Percezione selettiva

La percezione selettiva è un errore che consiste nel modificare la visione che abbiamo della realtà per vedere ciò che vogliamo vedere. Psicologicamente ciò è spiegato dal fatto che andare contro le nostre convinzioni spesso genera una dissonanza, una mancanza di armonia che ci infastidisce. Per risolverla adattiamo la realtà, per esempio amplificando le informazioni che vanno a nostro favore e minimizzando quelle che ci sono contrarie. La percezione selettiva è una delle cause del diverso comportamento delle persone di fronte ad una perdita o ad un successo. Se si perde, si tende a trovare qualcuno da incolpare (per esempio il promotore che ci ha consigliato), mentre se si guadagna il merito è “sicuramente” nostro. Per limitare gli effetti della percezione selettiva possiamo:

 

  • lavorare con strategie predefinite a monte e decise a mente fredda, indipendenti dalle nostre future “sensazioni” ed affidate solo ai numeri
  • definire gli stop loss, ovvero i tetti di prezzo al raggiungimento dei quali viene impartito automaticamente l’ordine di vendere, per limitare la perdita

Lo stop loss avrebbe salvato moltissimi investitori dalla bancarotta: quando si decide di investire si deve prendere anche in considerazione l’ipotesi che l’investimento potrebbe fallire, per cui per evitare di essere condizionati dall’andamento dell’investimento, si dovrebbe fissare a priori il limite di perdita tollerabile. Peccato che nessuno lo faccia e, quando si incomincia a perdere, la maggior parte delle persone spera, spesso invano, che la situazione si riaggiusti.

 

Ricordi traumatizzanti

Esperienze del passato possono influenzare le scelte future. Un esempio classico è quello dell’acqua bollente: essersi scottati una volta con l’acqua bollente non significa che l’acqua sia sempre pericolosa. Ne consegue che se in passato alcuni investimenti non hanno dato soddisfazione, è sbagliato rifuggire da qualsiasi tipo di investimento. 

Bisogno di certezze

Molti studiosi hanno evidenziato che la mente umana tende a vedere la certezza anziché l’incertezza, la causa e l’effetto invece della semplice correlazione. L’incertezza che caratterizza i mercati finanziari va accettata come un dato di fatto: i mercati sono, in larga misura, espressione della psicologia delle masse e, come tali, sottoposti ad ondeggiamenti ed eccessi. Tuttavia con metodo, disciplina e pazienza, si può individuare l’ordine in mezzo al caos. 

 

Comportamento del gregge

 

Il comportamento del gregge indica la tendenza del singolo ad agire come gruppo, scegliendo come riferimento un insieme di persone. Questo comportamento psicologico, che è innato, si manifesta con chiarezza nel conformismo, nella moda. In economia, descrive l’errore di chi copia gli investimenti da quelli di amici e conoscenti; altri invece vengono decisi in base a testimonial più o meno affidabili. Se l’appartenenza al gruppo può garantire sicurezza e protezione, che rappresentano comunque delle false certezze, ci fa perdere l’opportunità di acquistare un titolo molto interessante solo perché tutti lo stanno vendendo. Per fare un esempio, ha pesato moltissimo la mania collettiva nella decisione di comprare a mani basse i titoli della new economy, mania che ha causato la cosiddetta bolla tecnologica gonfiatasi a dismisura per poi scoppiare nel 2001.

Sicumera

La sicumera è l’innata e assoluta fiducia in sé stessi, ai limiti della temerarietà. In campo finanziario la sicumera può portare a effetti devastanti perché l’investitore cade vittima di un delirio di onnipotenza e della sicurezza di poter controllare tutto. In realtà bisogna prendere atto che ci sono molti ambiti della nostra esistenza su cui abbiamo un controllo molto limitato. La dinamica dei mercati finanziari, così strettamente legata alle oscillazioni della psicologia delle masse, continua a stupire e a sorprendere anche gli studiosi più preparati. 

Avversione alle perdite

L’avversione alle perdite si basa sul fatto che gli investitori hanno più paura di perdere che piacere nel guadagnare. Consideriamo l’esperimento classico di scelta, a seguito dell’investimento di 1.000 euro: nella prima opzione di scelta ho una probabilità del 50% di guadagnare 200 euro e una probabilità del 50% di perdere 100 euro, nella seconda opzione ho una probabilità del 100% di guadagnare 50 euro. In entrambi i casi il rendimento atteso è di 50 euro, ma la maggior parte delle persone si orienterà verso B. Anche diminuendo la somma di guadagno del caso B, molti continueranno a preferirlo ad A, a prescindere dal fatto che il rendimento atteso sia inferiore. L’avversione alle perdite spiega perché molti investimenti vengono mantenuti troppo a lungo mentre quelli in attivo vengo dismessi troppo prematuramente.

Come contrastare gli effetti di questi errori psicologici? Avendo sempre ben chiari i motivi che ci hanno spinto a risparmiare, ovvero i nostri obiettivi di risparmio, ed il tempo che siamo disposti ad attendere per raccogliere i frutti di quanto abbiamo seminato, possibilmente a partire dai 3 anni in su. Un imprevisto può sempre capitare, dopo 3 mesi o dopo qualche anno dalla partenza, ma proprio perché si chiama imprevisto (e pertanto non prevedibile), bisogna saper affrontarlo senza farsi travolgere. Un consulente di fiducia può essere di aiuto per avere presente sempre la rotta dei propri risparmi.

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