Spesso le nostre scelte finanziarie sono influenzate dall’emotività: la Finanza Comportamentale studia gli errori più frequenti dettati dalla “pancia”
La Finanza Comportamentale è quella parte di studi economici che analizza le decisioni di investimento dei risparmiatori. Su questo argomento sono stati anche assegnati dei premi Nobel per l’economia: nel 2002 allo psicologo israeliano Daniel Kahneman e nel 2013 all’economista statunitense Robert James Shiller. A cosa serve la finanza comportamentale? Serve a capire quali sono gli errori più comuni degli investitori, specialmente quelli dovuti all’irrazionalità e all’emotività, ed aiuta ad evitarli. Guardando al passato, vediamo come in alcuni momenti storici le decisioni negli investimenti siano state influenzate negativamente dalle emozioni. E’ ciò che è successo ad esempio nel caso della crisi post bolla internet del 2002/2003 e nel caso del fallimento di Lehman Brothers nel 2008, causato dalla bolla dei mutui subprime e del mercato immobiliare.
L’economia tradizionale ha sempre visto l’investitore come un essere razionale che ha come obiettivo la massimizzazione dei propri profitti. Questa visione è però molto ottimistica e descrive situazioni puramente teoriche, difficilmente riscontrabili nel caso pratico. In realtà infatti l’investitore è un soggetto emotivamente coinvolto nelle decisioni che prende, ed è spesso irrazionale. Alle scelte di carattere economico si affiancano spesso scelte “di pancia” che hanno la priorità, andando contro ogni logica economica: è quello che accade ad esempio quando ci piace una macchina e decidiamo ad ogni costo di comprarla, disinvestendo tutto indipendentemente da ciò che si ha in portafoglio e dall’andamento dello stesso.
In questo articolo vedremo quali sono i fattori che vanno ad interferire con il nostro essere razionale, e ci spingono contro ogni logica a prendere decisioni totalmente irrazionali dal punto di vista finanziario.
L’aspettativa
L’aspettativa che un investitore ha su ciò che farà ricalca le prestazioni passate, soprattutto quelle recenti. Molti esperimenti dimostrano che le previsioni di rendimento degli investitori sono tanto maggiori quanto maggiori sono stati i rendimenti dell’ultimo periodo (per esempio un anno). Ciò contrasta con il fatto che, spesso, a un periodo di rialzo ne segue uno di ribasso e viceversa: contrariamente a quanto l’istinto ci suggerisce, i mercati sono tanto meno rischiosi quanto peggiore è stato il loro rendimento recente e che non ha senso comprare una copertura assicurativa o vendere i propri titoli in portafoglio dopo che il danno è avvenuto.
Resistenze al cambiamento
Sembra che l’investitore tenda a staticizzare il mercato in cui è, forse per l’innato desiderio di rimanere nella propria zona di comfort. Quanti mantengono in portafoglio azioni acquistate nel 2000-2001 a prezzi stratosferici rispetto agli attuali, con la speranza che prima o poi tornino alle vecchie quotazioni? In realtà dobbiamo accettare che il contesto economico cambia rapidamente, e dobbiamo adattarci alla nuova situazione scordandoci di quello che ci ha dato sicurezza fino ad ora.
Percezione selettiva
La percezione selettiva è un errore che consiste nel modificare la visione che abbiamo della realtà per vedere ciò che vogliamo vedere. Psicologicamente ciò è spiegato dal fatto che andare contro le nostre convinzioni spesso genera una dissonanza, una mancanza di armonia che ci infastidisce. Per risolverla adattiamo la realtà, per esempio amplificando le informazioni che vanno a nostro favore e minimizzando quelle che ci sono contrarie. La percezione selettiva è una delle cause del diverso comportamento delle persone di fronte ad una perdita o ad un successo. Se si perde, si tende a trovare qualcuno da incolpare (per esempio il promotore che ci ha consigliato), mentre se si guadagna il merito è “sicuramente” nostro. Per limitare gli effetti della percezione selettiva possiamo:
- lavorare con strategie predefinite a monte e decise a mente fredda, indipendenti dalle nostre future “sensazioni” ed affidate solo ai numeri
- definire gli stop loss, ovvero i tetti di prezzo al raggiungimento dei quali viene impartito automaticamente l’ordine di vendere, per limitare la perdita
Lo stop loss avrebbe salvato moltissimi investitori dalla bancarotta: quando si decide di investire si deve prendere anche in considerazione l’ipotesi che l’investimento potrebbe fallire, per cui per evitare di essere condizionati dall’andamento dell’investimento, si dovrebbe fissare a priori il limite di perdita tollerabile. Peccato che nessuno lo faccia e, quando si incomincia a perdere, la maggior parte delle persone spera, spesso invano, che la situazione si riaggiusti.
Ricordi traumatizzanti
Esperienze del passato possono influenzare le scelte future. Un esempio classico è quello dell’acqua bollente: essersi scottati una volta con l’acqua bollente non significa che l’acqua sia sempre pericolosa. Ne consegue che se in passato alcuni investimenti non hanno dato soddisfazione, è sbagliato rifuggire da qualsiasi tipo di investimento.
Bisogno di certezze
Molti studiosi hanno evidenziato che la mente umana tende a vedere la certezza anziché l’incertezza, la causa e l’effetto invece della semplice correlazione. L’incertezza che caratterizza i mercati finanziari va accettata come un dato di fatto: i mercati sono, in larga misura, espressione della psicologia delle masse e, come tali, sottoposti ad ondeggiamenti ed eccessi. Tuttavia con metodo, disciplina e pazienza, si può individuare l’ordine in mezzo al caos.
Comportamento del gregge
Il comportamento del gregge indica la tendenza del singolo ad agire come gruppo, scegliendo come riferimento un insieme di persone. Questo comportamento psicologico, che è innato, si manifesta con chiarezza nel conformismo, nella moda. In economia, descrive l’errore di chi copia gli investimenti da quelli di amici e conoscenti; altri invece vengono decisi in base a testimonial più o meno affidabili. Se l’appartenenza al gruppo può garantire sicurezza e protezione, che rappresentano comunque delle false certezze, ci fa perdere l’opportunità di acquistare un titolo molto interessante solo perché tutti lo stanno vendendo. Per fare un esempio, ha pesato moltissimo la mania collettiva nella decisione di comprare a mani basse i titoli della new economy, mania che ha causato la cosiddetta bolla tecnologica gonfiatasi a dismisura per poi scoppiare nel 2001.
Sicumera
La sicumera è l’innata e assoluta fiducia in sé stessi, ai limiti della temerarietà. In campo finanziario la sicumera può portare a effetti devastanti perché l’investitore cade vittima di un delirio di onnipotenza e della sicurezza di poter controllare tutto. In realtà bisogna prendere atto che ci sono molti ambiti della nostra esistenza su cui abbiamo un controllo molto limitato. La dinamica dei mercati finanziari, così strettamente legata alle oscillazioni della psicologia delle masse, continua a stupire e a sorprendere anche gli studiosi più preparati.
Avversione alle perdite
L’avversione alle perdite si basa sul fatto che gli investitori hanno più paura di perdere che piacere nel guadagnare. Consideriamo l’esperimento classico di scelta, a seguito dell’investimento di 1.000 euro: nella prima opzione di scelta ho una probabilità del 50% di guadagnare 200 euro e una probabilità del 50% di perdere 100 euro, nella seconda opzione ho una probabilità del 100% di guadagnare 50 euro. In entrambi i casi il rendimento atteso è di 50 euro, ma la maggior parte delle persone si orienterà verso B. Anche diminuendo la somma di guadagno del caso B, molti continueranno a preferirlo ad A, a prescindere dal fatto che il rendimento atteso sia inferiore. L’avversione alle perdite spiega perché molti investimenti vengono mantenuti troppo a lungo mentre quelli in attivo vengo dismessi troppo prematuramente.
Come contrastare gli effetti di questi errori psicologici? Avendo sempre ben chiari i motivi che ci hanno spinto a risparmiare, ovvero i nostri obiettivi di risparmio, ed il tempo che siamo disposti ad attendere per raccogliere i frutti di quanto abbiamo seminato, possibilmente a partire dai 3 anni in su. Un imprevisto può sempre capitare, dopo 3 mesi o dopo qualche anno dalla partenza, ma proprio perché si chiama imprevisto (e pertanto non prevedibile), bisogna saper affrontarlo senza farsi travolgere. Un consulente di fiducia può essere di aiuto per avere presente sempre la rotta dei propri risparmi.